“Pinocchio”: un film molto spaventoso

Oscar Wilde ha scritto: “I bambini iniziano ad amare i loro genitori. Crescendo, iniziano a giudicarli. A volte li perdonano". Ecco cos'è Pinocchio di Matteo Garrone, adattamento oscuro (troppo) dell'omonima fiaba, che esce in grande formato il 12 marzo.

Il falegname Geppetto ha difficoltà: abile artigiano, in bilico tra povertà disperata e povertà impenetrabile, mendicando almeno un po' di lavoro ai vicini e francamente affamato. Per garantire una vecchiaia confortevole, Geppetto inventa di realizzare una bambola di legno, una bambola che il mondo non ha ancora visto. E il rintocco di pinocchio. Non un giocattolo, come inizialmente previsto, ma un figlio.

L'ulteriore trama è generalmente nota a chiunque abbia letto la fiaba immortale di Carlo Collodi o visto il cartone animato Disney (che, tra l'altro, compie 80 anni quest'anno). Basandosi su una fonte letteraria, il regista Matteo Garrone (Gomorra, Scary Tales) crea il suo mondo – infinitamente bello, ma popolato da personaggi francamente inquietanti (non importa come suonassero queste parole in un'era di rifiuto delle idee convenzionali sulla bellezza). Loro, questi personaggi, si ribellano e si amano, si prendono cura l'uno dell'altro e commettono errori, insegnano e mentono, ma soprattutto servono come una chiara illustrazione del problema dei padri e dei figli, il conflitto delle generazioni.

La generazione più anziana - condizionatamente, i genitori - è pronta a dare l'ultima cosa per il bene della loro prole: pranzo, vestiti. In genere sono abituati a sopportare e sopportare facilmente le avversità: Geppetto, ad esempio, sorprendentemente velocemente e anche con una certa comodità si stabilisce nel grembo di un mostro marino che lo ha inghiottito. Hanno paura e sembra inutile cambiare qualcosa (ora lo chiamiamo impotenza appresa), e chiedono obbedienza e rispetto dalla loro prole: “Ho appena avuto il tempo di metterti al mondo e tu non rispetti più tuo padre! Questo è un brutto inizio, figlio mio! Molto brutto!"

Non tutti i consigli sono inequivocabilmente cattivi, ma fintanto che vengono ascoltati dalle labbra degli "anziani", è improbabile che siano di alcuna utilità.

Tali appelli alla coscienza non fanno che infastidire quest'ultima: lottano per la libertà e intendono fare solo ciò che vogliono, riempiendo un numero catastrofico di coni sulla strada verso questa libertà. Ogni loro passo sconsiderato rivela i peggiori incubi di qualsiasi genitore: che un figlio irragionevole e credulone si perde o, peggio, se ne va con estranei. Al circo, al magico Paese dei balocchi, al Campo delle Meraviglie. Quello che li attende dopo: tutti possono speculare, arrendendosi al potere delle proprie fantasie e ansie.

I genitori cercano di avvertire i bambini, spargere cannucce, dare consigli. E, è vero, non tutti i consigli sono inequivocabilmente cattivi, ma fintanto che vengono ascoltati dalle labbra dei "vecchi" - ad esempio un grillo che ha trascorso più di cento anni nella stessa stanza - è improbabile che lo siano di qualsiasi utilità.

Ma alla fine non importa. Riponendo speranze esorbitanti nel bambino, commettendo i propri errori genitoriali, il vecchio falegname Geppetto riesce ancora a crescere un figlio capace e pronto a prendersi cura di lui in vecchiaia. E fargli diventare un uomo in ogni senso della parola.

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